Recensione: Dieci Piccoli Indiani

Non possiamo tuttavia stabilire definitivamente che una data persona sia al di sopra di ogni sospetto. Ribadisco la mia convinzione che una delle sette persone riunite in questa stanza è un criminale pericoloso, probabilmente un pazzo. Ma non abbiamo alcuna prova circa la sua identità.

Questa frase appartiene al romanzo giallo “Dieci piccoli indiani”, Casa Editrice Mondadori, uscito in lingua italiana nel 1946. La scrittrice del romanzo è Agatha Christe, nata nel 1890, di famiglia borghese. Il romanzo ha vinto il premio Oscar Junior.

Trama

Al largo della costa del Devon, a Nigger Island (isola la cui forma assomiglia ad una “testa di negro”), otto persone vengono invitate per una breve vacanza da un certo Norman Owen che vive nell’isola con la moglie Nancy Owen. A dare il benvenuto ai vari ospiti, li attende il maggiordomo Thomas Rogers e la moglie Ethel. In tutto sull’isola si ritrovano dieci persone: il maggiordomo e sua moglie, un’acida zitella, un playboy amante della velocità, un militare in pensione, un famoso medico londinese, un ex poliziotto, un noto giudice, un ex esploratore e una giovane insegnante di ginnastica, ma i proprietari della casa non si fanno vivi; ad aspettarli dieci statuette di porcellana che rappresentano dieci giovani indigeni ed una filastrocca inquietante che recita così: “Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione, solo nove ne restar. Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar. Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar: uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar. Sette poveri negretti legna andarono a spaccar: un di lor s’infranse a mezzo, e sei soli ne restar. I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar.Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar. Quattro poveri negretti salpan verso l’alto mar: uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar. I tre poveri negretti allo zoo vollero andar: uno l’orso ne abbrancò, e due soli ne restar. I due poveri negretti stanno al sole per un po’: un si fuse come cera e uno solo ne restò. Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò: ad un pino si impiccò, e nessuno ne restò.”
I dieci vacanzieri, che non si conoscono tra loro, prendono possesso delle stanze e poi si ritrovano tutti nella sala principale. Durante la cena la vacanza diventa inquietante: una voce registrata li accusa di essere degli assassini che non sono mai stati puniti, compresa la servitù. Ciascuno a turno cerca di scagionarsi, anche dichiarando il falso

Commento Critico

Il romanzo è costruito in maniera perfetta, tra i libri del genere giallo che ho letto questo è quello che ho trovato più coinvolgente. Dalle prime pagine si ha la sensazione di trovarsi accanto ai personaggi, sembra di fumare una sigaretta insieme al generale Macarthur. Ogni volta che viene compiuto un nuovo delitto interrompevo la lettura per ragionare su chi fosse il colpevole dell’accaduto. La difficoltà è nel primo capitolo, perché non si entra nella storia in modo immediato, i personaggi da inquadrare sono molti e il lettore viene informato sulle loro vite sono procedendo nella lettura.

Alberto Benedetti – I E